La storia

Da quarant’anni in esilio, più di centomila persone potrebbero tornare a casa domani. Cosa porterebbero via in ricordo di una vita passata ad aspettare? Sud dell’Algeria, deserto del Sahara, una delle zone più ostili della terra. Più di centomila persone vivono in cinque campi di rifugiati. Famiglie in fuga da un conflitto esploso a metà degli anni settanta e accolte dalla vicina Algeria.

Campi Saharawi, Algeria

Alla morte del dittatore Franco, nel 1975, la Spagna abbandonò i territori occupati del Sahara Spagnolo ed il vicino Regno di Marocco e la Mauritania invasero quelle terre pacificamente. Si trattò di una colonizzazione silenziosa in cui migliaia di persona si spostarono in quei territori attratti dagli incentivi di Stato e dalle opportunità di lavoro. La popolazione Saharawi, liberata dal controllo degli spagnoli non accettò mai questo nuovo tentativo di invasione. Il conflitto nacque in epoca di guerra fredda e costrinse tanti paesi a prendere posizione. Il popolo Saharawi ottenne il sostegno di paesi amici come Libia, Cuba e soprattutto dell’Algeria, che cercava di contrastare il desiderio di espansione del Regno di Marocco. Dopo pochi anni la Mauritania rinunciò a quelle terre ma non il Marocco, che ancora oggi difende quella lontana annessione unilaterale mai approvata dal diritto internazionale. Numerosi furono i bombardamenti nel Sahara Occidentale e le violenze sulla popolazione.

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Per cercare di contenere un conflitto che sembrava non avere fine, il Regno di Marocco avviò negli anni ottanta la costruzione di un muro lungo duemila chilometri per controllare i territori invasi. I Saharawi scappati nella vicina Algeria non potevano più tornare a casa e la guerriglia non poteva più lanciare le sue incursioni nei territori contesi.

Resti della guerra, Campi Saharawi, Algeria

Le Nazioni Unite riuscirono ad imporre un cessate al fuoco solo all’inizio degli anni novanta e proclamarono l’organizzazione di un referendum per stabilire di chi fossero quelle terre. Ma quel referendum non avvenne mai e le famiglie scappate nel vicino deserto algerino alla fine degli anni settanta aspettano ancora oggi di poter tornare a casa. Più di centomila persone sopravvivono da decenni grazie agli aiuti umanitari. Eppure in quei campi di rifugiati la vita va avanti. Tante persone sono morte lontane da casa. Tanti giovani si sono sposati in mezzo a quel deserto, hanno studiato e fanno crescere i propri figli. Sono passati quarant’anni ma le persone non hanno smesso di voler fare il lavoro che sognano, coltivare la terra nonostante le avversità del deserto, stare insieme e divertirsi. Resta però un solo obiettivo, un unico grande e comune desiderio: il ritorno a casa, nel Sahara Occidentale, un obiettivo chiaro e duro come le condizioni di quel deserto dove da decenni migliaia di persone sono costrette a vivere.

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Ritratti della Memoria racconta un conflitto dimenticato dai grandi media e lo fa attraverso oggetti del quotidiano che diventano una chiave di lettura per comprendere il tempo che passa. Lontano dalla propria terra, in esilio forzato, la memoria non può essere passato ed il futuro é un presente in perenne attesa.